Il World Economic Forum nasce, fin dalla sua fondazione, come un’organizzazione non governativa (ONG), senza scopo di lucro pur con forti interessi privati, impegnata nel favorire il dialogo fra pubblico e privato sulle questioni globali. Annualmente si è occupata di pubblicare un “Global Risks Report”, un rapporto in cui vengono identificate ed analizzate le strategie per affrontare crisi a livello globale, di carattere ambientale, tensioni internazionali, vulnerabilità tecnologiche, cambiamenti climatici. E le crisi, che siano naturali o create, possono rivelarsi “finestre di opportunità” per operare cambiamenti.

Durante la conferenza stampa introduttiva al Forum di Davos del 22 gennaio 2014, sul tema “Il rimodellamento del mondo: conseguenze per la società, la politica e l’economia”, il fondatore del WEF Klaus Schwab ha affermato che ciò che vuole operare Davos è premere il pulsante di reset.
“Ciò che vogliamo fare a Davos quest’anno, a questo riguardo, è premere il pulsante del reset. Lasciatemi spiegare, il mondo è ancora troppo intrappolato in una modalità di gestione delle crisi e dimentichiamo che ora dovremmo prenderle in mano e dovremmo cercare soluzioni per le questioni veramente fondamentali. Dovremmo guardare al nostro futuro in modo molto più costruttivo e molto più strategico. Ed è di questo che si occupa Davos”
Il 3 giugno 2020, l’amministratore delegato del World Economic Forum Dominic Waughray viene intervistato dal giornalista Ian King, di Sky News, a margine dell’evento online di presentazione del Grande Reset, iniziativa lanciata dal Principe Carlo, dal WEF e accolta con interesse da organizzazioni come ONU, FMI e multinazionali private.

“E’ chiaro che siamo nel mezzo di una delle crisi più gravi che il mondo abbia vissuto dalla seconda guerra mondiale. Abbiamo avuto 75 anni di crescita e prosperità piuttosto buone. Abbiamo fatto uscire centinaia di milioni di persone dalla povertà, abbiamo avuto alcune conseguenze inaspettate in termini di disuguaglianza e problemi di sostenibilità, ma ciò che ha fatto il Covid, come ha dimostrato il tuo oratore precedentemente, è stato mettere in luce che il nostro sistema non è adatto al ventunesimo secolo. La forza di una cooperazione internazionale non c’è, ci sono sfide strutturali sottostanti sull’equità, l’inclusione e l’uguaglianza che dobbiamo affrontare. Dobbiamo quindi non solo combattere il virus ma anche modellare il sistema di cui abbiamo bisogno per l’era post coronavirus e questo è lo scopo del Grande Reset”
“Il vertice multi stakeholder che teniamo ogni anno è piuttosto interessante perché riunisce una serie di persone da coloro che creano posti di lavoro e creano crescita economica, ai sindacati e alla società civile e questo è il dialogo che vogliamo mantenere. Ma adesso è più di un dialogo, dobbiamo trasformarlo in azione. Ed è questo che ci entusiasma davvero con il Grande Reset perché queste diventano piattaforme per affrontare alcune di queste sfide strutturali. Lo abbiamo visto nella crisi del Covid, la risposta delle imprese, dei sindacati, della società civile per aiutare il governo a risolvere questo problema e pensiamo, speriamo e sappiamo che c’è abbastanza spirito per trasformarlo in un Grande Reset per gli anni a venire”
Il Grande Reset per tradurre in azione la volontà dell’élite
Tra il 2014 e il 2019, il WEF ha ripetutamente invitato a rimodellare e resettare il sistema globale, preparandosi a risolvere crisi e proponendo strategie. Ed ecco nel 2020 la crisi globale e con lei il lancio del Grande Reset. Dal voler “favorire il dialogo”, così come nell’ispirazione originale dell’organizzazione, si passa a voler trasformare i suggerimenti del WEF in azioni concrete, grazie a un’opportunità apparentemente casuale. Ciò che si delinea è il dispiegarsi, in ordine cronologico, di indicazioni del WEF che negli anni acquistano concretezza, diventando via via iniziative e piani d’azione che anche i governi del mondo prendono in considerazione. Un’organizzazione non governativa, guidata da membri non eletti, arriva ad incidere su cambiamenti di portata globale. Ma le popolazioni sono d’accordo? Sono state informate? O sono semplicemente ritenute un “branco da guidare”, che non ha né le capacità di comprendere, né gli strumenti intellettivi per decidere quale sia il percorso da intraprendere? L’Agenda tecnocratica viene recepita a livello istituzionale e le varie nazioni iniziano a tenerne conto, senza che i governi si interroghino se sia democratico che un ristretto gruppo elitario decida cambiamenti per tutti, senza che ci si domandi chi gestisce davvero il mondo.
Nel 2014 l’élite di Davos voleva premere il pulsante del Reset e, con “l’opportunità” rappresentata dalla crisi del Covid 19, il piano è riuscito a prendere consistenza. A pochi mesi dall’inizio della pandemia, era già pronto il libro “COVID 19: The Great Reset” di Klaus Schwab e tornare alla normalità non era più consentito. Sbalordisce, oltre alla tempistica (non è facile raccogliere dapprima informazioni, per poi passare a spiegare come il mondo dovrebbe cambiare nello specifico e secondo quale articolata “struttura”), l’assenza di un concreto dibattito riguardo il fatto che reali, oligarchi e tecnocrati possano decidere cambiamenti importanti a livello globale senza coinvolgere le popolazioni e favorendo i propri interessi. A proposito, avete mai assistito ad un dibattito su questo “Grande Reset” in tv, o magari in parlamento? Come è mai possibile che un argomento di così vitale importanza non venga dibattuto pubblicamente? Perché ok parlare dei problemi, come penuria di risorse o cambiamento climatico (argomenti ovviamente da approfondire a questo punto), ma come si fa a non discutere di un “reset”? Il concetto di Grande Reset tra l’altro si accompagna ad un altro tema caro alle élite, quello della sovrappopolazione. Come si coglie dall’intervento di Dominic Waughray, responsabile dell’agenda di “sostenibilità” del Forum di Davos, il mondo ha potuto godere di 75 anni di crescita. Durante questi anni di prosperità vi è stata anche una crescita del numero della popolazione mondiale ed è noto che le élite ravvisino la necessità di un’inversione di tendenza. Cosa che, anche questa, sta iniziando casualmente a concretizzarsi.
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